Carl Hans Lody, la spia tedesca elogiata dagli inglesi

Carl Hans Lody

Lo spionaggio ha svolto un ruolo importante in ogni guerra; e la guerra degli agenti segreti non è stata meno incisiva e spietata di quella combattuta sui campi di battaglia. La Storia riferisce di uomini scaltri e donne affascinanti, che, per amor patrio o per denaro, agivano nel pericolo, con il controspionaggio alle costole. Un minimo errore ed era la fine, cioè la morte.

Nel corso della Prima guerra mondiale, tra le tante storie di spionaggio, c’è quella, forse oggi un po’ dimenticata, di Carl Hans Lody, giustiziato nella Torre di Londra, perché non fu abbastanza previdente. Ma il suo coraggio venne riconosciuto dagli stessi inglesi ed ebbe grande risonanza sui giornali dell’epoca.

Carl Hans Lody, 37 anni, ufficiale della Marina imperiale tedesca, aveva accettato di compiere la missione per puro spirito patriottico; dal servizio segreto era stato scelto per la padronanza dell’inglese, lingua che aveva imparato avendo vissuto negli Stati Uniti, in quanto sposato ad una donna americana dalla quale si era separato poco prima dello scoppio della guerra.
In quei mesi del 1914, le nazioni in armi cominciarono a sospettare che il conflitto divampato a seguito dell’attentato di Sarajevo, non si sarebbe concluso in poco tempo come in tanti, anche in Germania, supponevano. Sui campi di battaglia si andava, infatti, verso la logorante guerra di trincea. Anche il grandammiraglio della Marina imperiale tedesca, Alfred von Tirpitz, manifestò pessimismo; e, in una lettera indirizzata alla moglie, scrisse: “Questa guerra è la più grande follia compiuta dalle razze bianche. Ci stiamo sterminando l’un l’altro sul continente perché l’Inghilterra ne raccolga i frutti”. Tutto quello che le spie potevano acquisire sulle attività del nemico, quindi, costituiva un prezioso contributo per la condotta delle ostilità.

Carl Hans Lody, con un passaporto americano falso, intestato a Charles A. Inglis, partì dalla Germania il 14 agosto e, passando per la neutrale Norvegia, sbarcò in l’Inghilterra, a Newcastle, il 27 dello stesso mese. Eseguendo gli ordini, per conoscere la dislocazione e i movimenti della flotta britannica, la spia raggiunse, in Scozia, prima Edimburgo e poi Rosyth, sul Firth of Forth, un’area di importanza strategica, fortificata e punto di approdo di numerose navi da battaglia. Presto, cominciò a mandare rapporti in inglese e, a volte, in tedesco ai suoi contatti in Svezia, attraverso telegrammi e lettere, non sempre usando un linguaggio in codice. Andò anche a Liverpool; e si informò sulla difesa aerea a Londra, dove si temevano le bombe lanciate dagli zeppelin tedeschi.
Leggendo quei messaggi, però, la censura postale britannica si insospettì e li bloccò, lasciando passare uno, in particolare, che riferiva di voci di popolo sul transito di truppe russe dagli stivali innevati, sbarcate in Scozia, e dirette, su lunghi convogli ferroviari, verso i porti dell’Inghilterra meridionale, per imbarcarsi alla volta della Francia. Un’informazione sbagliata che, tuttavia, preoccupò gli alti comandi tedeschi.

Lody fu arrestato dal controspionaggio il 2 ottobre mentre in Irlanda tentava di raggiungere la base navale di Queenstown. La prova della sua vera identità fu acquisita con il rinvenimento in una giacca del biglietto di un sarto di Berlino su cui si leggeva il vero nome della spia. Durante il processo, davanti a un tribunale militare alla Guildhall, Lody ammise di essere un agente dello spionaggio tedesco, inviato in Gran Bretagna dai suoi superiori. Il patriottismo e il senso dell’onore che permeavano le sue dichiarazioni suscitarono, però, l’ammirazione dell’opinione pubblica inglese.
La mattina della sua esecuzione, il 6 novembre 1914, nella Torre di Londra, rivolgendosi al comandante della guardia, che lo conduceva dalla cella al luogo dove lo attendeva il plotone di esecuzione, disse: “Non credo che stringerebbe la mano ad una spia”. “No – rispose l’ufficiale -, ma stringerò la mano di un uomo coraggioso”.

Dopo la morte di Lody, uno dei responsabili del controspionaggio inglese scrisse: “Non si piegò né si umiliò mai; morì come si vorrebbe che muoiano tutti gli inglesi, in modo sereno e non melodrammatico, sorretto nel suo coraggio e dall’orgogliosa consapevolezza di avere adempiuto al proprio dovere”.
A Berlino, invece, nessuno tra i superiori spese per lui una parola di elogio. Al contrario, il capo dello spionaggio sulla vicenda scrisse:”Bisogna ammettere che le sue capacità per un lavoro così importante erano praticamente uguali a zero”.
Negli anni Trenta, comunque, alla memoria del tenente Carl Hans Lody la Marina tedesca intitolò un cacciatorpediniere.

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