Quell’aereo che vide Auschwitz per la prima volta

Auschwitz
Auschwitz

Il 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa abbattè i cancelli di Auschwitz, scoprendo l’orrore dei lager nazisti.
Quel giorno, i soldati sovietici trovarono 648 cadaveri e circa 7000 sopravvissuti prostrati dagli stenti e dalla fame, di questi 5800 erano ebrei ad Auschwitz-Birkenau, 1200 polacchi nel campo pricipale di Auschwitz e 650 lavoratori forzati di diverse nazionalità a Monowitz, distante 4 chilometri. I russi rinvennero anche i resti di 29 magazzini che i tedeschi avevano incendiato prima di andarsene, poche ore prima. Tuttavia, 6 di questi ampi capannoni erano scampati alle fiamme e contenevano 836255 abiti femminili, 348000 completi da uomo e 38000 paia di scarpe da uomo.

In quel terrificante luogo di martirio, deportato in quanto ebreo, si trovava anche Primo Levi, che anni dopo sarebbe stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura. “Noi giacevamo in un mondo di morti e di larve – ricordò in seguito lo scrittore – . L’ultima traccia di civiltà era sparita intorno a noi e dentro di noi. L’opera di brutalizzazione, intrapresa dai tedeschi trionfanti era stata portata a compimento dai tedeschi disfatti”.
Primo Levi aveva ampie conoscenze di chimica, per questo, una volta giunto nel 1944 nel campo di sterminio, con altri internati, fu avviato al lavoro nell’insediamento industriale della IG Farben di Monowitz, dove si producevano petrolio e gomma sintetici di cui le forze armate di Hitler avevano disperato bisogno per continuare a contrastare l’avanzata del nemico. Quegli impianti chimici erano tra gli obiettivi dei bombardieri anglo-americani, dopo che era stata condotta un’intensa attività di informazione.
Nella primavera del 1944, un ricognitore dell’aviazione sudafricana sorvolò a circa 8000 metri la IG Farmen di Monowitz per scattare fotografie aeree. Quel velivolo era partito dall’Italia meridionale, dal campo di volo di Torre dei Giunchi, una località nei pressi di San Severo, provincia di Foggia. La ricognizione fotografica aerea, all’epoca, richiedeva che l’equipaggio attivasse la fotocamera prima di aver raggiunto l’area interessata e la disattivasse dopo aver effettuato le riprese. Così avvenne; l’attrezzatura entrò regolarmente in azione e fu spenta circa 6 chilometri dopo: aveva scattato 20 fotografie, in 3 delle quali appariva per la prima volta Auschwitz.
Il personale dei Servizi segreti che sviluppò e studiò quelle immagini focalizzò la propria attenzione sulle installazioni industriali che vennero identificate, trascurando, però, le file di baracche che apparivano simili ad accampamenti militari. Sette settimane dopo, il 31 maggio 1944 – come racconta lo storico inglese Martin Gilbert ne La grande storia della Seconda Guerra Mondiale – Birkenau con i suoi crematori fu fotografata dall’alto e fu definitivamente chiaro il piano di sterminio di ebrei, oppositori politici, zingari, omosessuali, disabili e prigionieri di guerra ordito dal Terzo Reich.

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