Un’incredibile storia di umanità nel cielo infuocato della guerra

Seconda guerra mondiale, sulla Germania, gli alleati effettuano massicce missioni di bombardamento a tappeto. Incursioni distruttive su fabbriche, infrastrutture, installazioni militari, centri abitati, con migliaia di vittime; lo scopo perseguito è anche quello di far venire meno l’appoggio della popolazione al regime nazista. I tedeschi non sono stati da meno con i loro raid sulle città inglesi, basti ricordare, per esempio, il diluvio di bombe rovesciato su Coventry. Dalle basi dell’Inghilterra, di notte, si levano in volo i bombardieri pesanti inglesi, i Lancaster; di giorno, tocca agli americani con i Boeing B 17, le fortezze volanti.

Il 20 dicembre 1943, il B 17 Ye olde pub del 379° Bomber Group dell’8a Air Force, decollato da Kimbolton, è in volo verso la Germania, obiettivo l’insediamento industriale di Brema. Ai comandi, c’è il tenente pilota Charles “Charlie” Brown, un ragazzo della West Virginia, di soli 21 anni, con lui altri 9 uomini. Nella formazione, Ye olde pub è in posizione laterale, quella più esposta agli attacchi della caccia nemica. Ma i problemi tecnici occorsi a un altro B 17, che torna indietro, portano Brown a spostarsi in avanti. Gli aerei di scorta, non potendo proseguire per la ridotta autonomia, a un certo punto, lasciano i bombardieri, che, come previsto, proseguono soli.

Appena giunti sulla Germania, i quadrimotori, che volano ad alta quota, ricevono il benvenuto della contraerea e poi la visita degli intercettori della Luftwaffe, i temibili Messerschmitt bf 109 e FockeWukf 190. Lo stormo di fortezze volanti apre subito il fuoco. Lo scontro è feroce, il B 17 Ye olde pub è ripetutamente colpito, un motore fuma. Ma la missione continua.

La città di Brema è difesa da numerose postazioni di contraerea, per centrare con precisione gli obiettivi, i bombardieri devono abbassarsi. Nell’inferno che si scatena, alcuni di essi sono abbattuti, Ye olde pub subisce danni agli stabilizzatori posteriori, al timone, colpita la carenatura anteriore, le esplosioni aprono squarci nella fusoliera; ma l’aereo resiste, scarica le sue bombe e riguadagna quota, preparandosi a invertire la rotta. Tuttavia, c’è da fare di nuovo i conti con i caccia nemici, che ripiombano, danneggiano altri due motori e colpiscono il mitragliere di coda, che muore sul colpo. Con meno potenza, il B 17 non tiene il passo della formazione. Brown è stato ferito ad una spalla, così alcuni suoi compagni; è fuori uso l’impianto dell’ossigeno, il freddo congela le siringhe di morfina.

Il giovane tenente, per il dolore e la mancanza di ossigeno, perde conoscenza e si accascia sui comandi; la fortezza volante comincia a precipitare, avvitandosi. I cacciatori tedeschi pensano di averla abbattuta e la abbandonano. A poche decine di metri dal suolo, però, Brown si riprende, perché respira meglio, e con prontezza, miracolosamente, riporta l’aereo in ordine di volo, evitando lo schianto.

Il bombardiere, proseguendo isolato e malridotto, sorvola un aeroporto dove è da poco atterrato, per fare rifornimento e riarmare il suo Messerschmitt bf 109, il tenente Franz Stigler, un bavarese di 28 anni, veterano di molte battaglie e considerato un vero asso della Luftwaffe. Stigler cerca nemici da abbattere, un’altra vittoria da aggiungere alle altre, perché ambisce a ricevere la croce di cavaliere. L’ufficiale tedesco scorge il B 17 in difficoltà e decide di decollare, nonostante il suo aereo, poco prima in battaglia, sia stato colpito al radiatore dal proiettile di una browning. In pochi minuti, il caccia “spunta dal sole” ed è sulla coda della fortezza volante, dove Stigler nota che il mitragliere è morto. Il quadrimotore americano non spara, non reagisce a quella nuova minaccia. Il pilota tedesco, allora, si affianca e nota i feriti attraverso gli squarci nella fusoliera. A quel punto, sarebbe fin troppo facile abbattere Ye olde pub. Invece, a Stigler ritornano in mente le parole del suo caposquadriglia in Africa: “se vengo a sapere che qualcuno di voi spara ai nemici lanciatisi col paracadute, sono io che sparo a voi”. Nessuno poteva violare quel codice d’onore. Stigler, allora, considera quella fortezza volante alla stregua di un grande paracadute e decide di non sparare su uomini inermi che lottano per sopravvivere. Anzi, cerca di comunicare con Charles Brown, invitandolo ad arrendersi e ad atterrare. Il comandante americano, pur sofferente, scuote la testa, perché vuole tentare di portare l’aereo alla base anche in quelle condizioni. Stigler fa un altro tentativo e gli indica la rotta della Svezia, che è più vicina, lì ci sarebbe la salvezza. Brown rifiuta ancora. Ma si prospetta un altro pericolo: lo sbarramento antiaereo costiero. Il Messerschmitt bf 109 si avvicina ulteriormente alla fortezza volante, per ingannare gli artiglieri tedeschi che, nel dubbio, non aprono il fuoco, vedendo un loro aereo ala contro ala con un bombardiere americano. Così, i due velivoli raggiungono il mare e, non potendo più andare avanti, Stigler guarda Brown per l’ultima volta; poi, il caccia “batte le ali” in segno di saluto e, con una cabrata, punta verso la Germania. Il B 17 vola ancora per circa quattrocento chilometri e riesce ad atterrare senza ulteriori danni a Seething.

Charles Brown fece rapporto ai suoi superiori, che gli ordinarono di tacere su quanto accaduto quel giorno, perché non nascessero sentimenti di simpatia per i tedeschi. Stigler, invece, non fece parola con nessuno in quanto avrebbe rischiato la corte marziale.

I due ufficiali sopravvissero al conflitto. Brown rimase nell’aeronautica, si congedò negli anni sessanta e andò a vivere a Miami. Stigler, che non si era mai iscritto al partito nazista, nei primi anni cinquanta, emigrò in Canada, dove divenne un imprenditore di successo.

Negli anni ottanta, nel corso di un incontro pubblico di reduci di guerra, per la prima volta, Charles “Charlie” Brown raccontò la storia del misterioso aviatore che aveva graziato la sua fortezza volante. I presenti, stupiti da quella incredibile storia, lo invitarono a fare delle ricerche presso le forze armate della Germania; cosa che Brown fece, ma tutto fu inutile: nessuno sapeva di quel pilota da caccia. Brown, allora, scrisse una lettera ad una pubblicazione che si occupava di storie di piloti da combattimento, come ultimo tentativo. E un giorno del 1990, gli arrivò una lettera dal Canada, in cui c’era scritto: “Ero io”. L’ufficiale tedesco era uscito dall’oblio del tempo.

Charlie Brown e Franz Stigler si incontrarono e divennero molto amici, anzi, fratelli, come amavano considerarsi. Morirono entrambi, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, nel 2008, Stigler il 22 marzo, Brown il 24 novembre. Insieme, ripresero il volo nel cielo della Pace.

La storia di Charles Brown e Franz Stigler è narrata nel libro “A higher call” di Adam Makos non tradotto in italiano.

dallaterrallaluna